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Bigoli con l'arna (I Bigoli con l'Anitra) Parte Prima – La Storia

Posted in: Aeolia News, Diario Ma non Solo, L'Uovo alla 'Cuoc', News

L’anatra in cucina ha origini antiche, la Cina è stato il primo Paese ad addomesticarla e a cucinarla già da più di tre milllenni.Non si sa bene
per quale via sia arrivata in Europa. La Roma antica gli permise di entrare modestamente nelle feste delle grandi famiglie sott o forma di
filetti, ma fu l’Inghilterra ad iniziare l’allevamento verso il xv secolo. La Spagna conobbe il volatile tramite i commercianti olandesi ed in Francia fu scoperta grazie a Luigi XIV, che l’aveva trovata in un certo
qual modo nella dote di sua moglie.

I bigoli co’ l’arna sono un piatto tipico della zona fra Thiene e Zanè anche se diffusi in tutto il vicentino dove è tradizione gustarli la prima domenica di ottobre, festa della Madonna del Rosario,festività si religiosa, ma con molti punti di contatto con la storia militare, infatti è di domenica il 7 ottobre 1571 la vittoria della flotta della Serenissima Repubblica di Venezia sui turchi a Lepanto. Tradizionalmente quello era già un giorno di raduno e di preghiera delle confraternite del rosario, ma dopo la battaglia Pio V stabilì che in quella data si sarebbe dovuta festeggiare “Nostra signora della Vittoria” festa che fu poi elevata a ricorrenza da Gregorio XIII nel 1573, come giorno della Beata Vergine del Rosario.

In Emilia si accompagna perfettamente con i tortelli di patate, in Toscana con i pici. C’è chi vi condisce i paccheri o il tajarin, mentre ad Altedo vicentino, per la Festa dell’asparago dop, troneggiava sul couscous insieme ai verdissimi turioni.

Da Napoli a Vicenza si cucina per tradizione il 1 ottobre, giorno del Rosario, ed è proprio dalla provincia vicentina che pare essersi  diffusa la tradizione veneta, che vede questo succulento ragù accompagnare i bigoli freschi,realizzati con il torchio d’ordinanza e possibilmente utilizzando anche uova d’anatra nell’impasto.

La preparazione di questa delizia vedeva all’opera l’intera famiglia: la massaia preparava un impasto di semola, farina e acqua molto asciutto che poi il marito tirava al torchio con una trafila di bronzo, mentre i bambini aiutavano i genitori come potevano sedendosi sopra al torchio per mantenerlo fermo.

I bigoli erano consumati di frequente, ma per la stragrande maggioranza delle persone, poter gustare della carne era un’occasione rara, un lusso che solo in pochi giorni di festa ci si poteva permettere.

Oggi, fortunatamente, questo gustoso piatto è presente nei menù di molti locali della nostra provincia, anche se la ricetta originale nata in quel di Thiene è stata oramai abbandonata.

Secondo la tradizione, i bigoli vanno cotti nel grasso brodo di un’anatra novella di 60/90 giorni, conditi poi con le sue frattaglie e del burro aromatizzato. La ricetta originale era dettata dalla gran fame di quegli anni, tempi in cui era impensabile sprecare della carne per il sugo della pasta…

Gli accorgimenti apportati alla ricetta, non hanno certo sminuito il fascino di  questo meraviglioso piatto, corroborandone il gusto dei sensi.

Oggi per trovare un’anatra intera, non eviscerata, bisogna conoscere qualche contadino. Per tutti gli altri, si può ricorrere ad un macinato d’anatra con cui preparare il classico ragù.

Ci sono molte fonti sulla ricetta del ragù d’arna, le tecniche sono spesso molto diverse, soprattutto per la preparazione del macinato, ma comunque sia il risultato è sempre un buon  ragù!

Da varie fonti documentarie, raccolte da Bartolomeo Cecchetti, i prezzi di alcune tipologie di pollame risultano, tra il 1459 e il 1464, così ripartiti: un paio di colombi soldi 15; un colombo grosso soldi 5; un paio di anitrotti soldi 16; un’anitra domestica soldi 17; un paio di polli piccoli ma grassi soldi 13; una pollastra grassa da 7 a 8 soldi; un paio di pollastrelle soldi 9; un’oca  grassa soldi 12; un’anitra selvatica soldi 6; un paio di quaglie soldi 9; un paio di colombe selvatiche soldi 4; un paio di capponi piccoli soldi 17; un paio di pernici soldi 19; una gru grassa soldi 16; un francolino soldi 18; due chiurli grassi soldi 10; sei tordi soldi 10; un paio di pavoncelli soldi 5. Sia detto per inciso che nel 1460, ad esempio, cinque uova erano vendute a 2 soldi, mentre nel 1463 tre uova erano valutate a un soldo.

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